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La resilienza dell’atleta

Nel contesto sportivo, la resilienza è considerata come una caratteristica personale e il risultato dell’interazione fra l’atleta-persona e il suo ambiente, è spesso associata ad altre qualità come fiducia in sé e nelle proprie capacità, ottimismo, capacità di concentrazione, elevato livello d’impegno e tolleranza alla frustrazione (Menozzi, 2022).

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caratteristiche della resilienza

La resilienza non è una caratteristica statica e stabile, ma piuttosto è il risultato di un processo di apprendimento e di sviluppo in funzione di esperienze realizzate: permette all’atleta di affrontare le situazioni e regola il livello di autoefficacia che può essere minacciato dalle alterazioni improvvise dell’ambiente competitivo.

Galli e Vealey (2008) stabiliscono che le esperienze negative hanno la capacità di sviluppare qualità resilienti come risultato di adattamento.

Di fronte ad un evento stressante, che nel caso dello sport può essere esemplificato come un infortunio grave o il fatto di vedersi non essere confermati, il giocatore ricerca le qualità che gli permetteranno di fronteggiare la situazione.

Di fronte ad un risultato positivo, il giocatore interpreta la situazione come figlia dell’impiego di qualità personali come il talento e l’apprendimento di nuove abilità, oppure derivanti dall’appoggio sociale ricevuto da familiari e staff tecnico.

Quindi, gli atleti che mostrano queste qualità personali e le risorse socioculturali adeguate, non solo fronteggeranno al meglio le avversità sportive, ma otterranno benefici che gli permetteranno di rispondere con successo anche in futuro.

i benefici della resilienza

Di fronte ad un evento stressante, che nel caso dello sport può essere esemplificato come un infortunio grave o il fatto di vedersi non essere confermati, il giocatore ricerca le qualità che gli permetteranno di fronteggiare la situazione.

Di fronte ad un risultato positivo, il giocatore interpreta la situazione come figlia dell’impiego di qualità personali come il talento e l’apprendimento di nuove abilità, oppure derivanti dall’appoggio sociale ricevuto da familiari e staff tecnico.

Quindi, gli atleti che mostrano queste qualità personali e le risorse socioculturali adeguate, non solo fronteggeranno al meglio le avversità sportive, ma otterranno benefici che gli permetteranno di rispondere con successo anche in futuro.

Galli e Vealey (2008) sintetizzano questi benefici, che vengono presentati in seguito.

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Dott. Andrea Menozzi psicologo dello sport e dell’adolsescenza

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Apprendimento

imparare a fronteggiare le avversità nello sport aiuta ad affrontare le sfide che la vita ogni giorno ci presenta.

 

Prospettiva

un atleta che si abitua a fronteggiare situazioni difficili è più allenato ad affrontarle se gli si presentano nell’immediato futuro.

 

Sostegno sociale

i problemi si superano non solo grazie alle proprie risorse, ma anche grazie a quelle che ci offrono gli altri, sostenendoci nel momento di difficoltà, senza intervenire in prima persona.

Il sostegno di un compagno di squadra, un intervento del mister o l’aiuto di un genitore possono essere fondamentali quando un atleta non trova le risorse per far fronte a una situazione che gli provoca stress.

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l’autoefficacia

Per diventare un atleta resiliente, il sostegno sociale diventa fondamentale, così come allenare la propria autoefficacia.

L’autoefficacia, infatti, è essenziale in qualunque ambito della nostra vita, e un fattore fisiologico decisivo è la liberazione di ossitocina, un ormone prodotto dall’ipotalamo, definito in maniera semplicistica come l’ormone dell’amore.

L’ossitocina è la responsabile della sensazione di benessere, che arriva dalla percezione di riuscita in un compito, ma an- che dalla “fiducia” ricevuta da altre persone, come i compagni e l’allenatore: un sorriso, una stretta di mano, un gesto di stima possono essere fondamentali per liberare questo ormone e creare un senso di benessere.

Il cervello vive la mancanza di autoefficacia allo stesso modo dello stress, liberando cortisolo, riducendo il senso critico e riflessivo, e l’empatia, la capacità di mettersi nei panni degli altri.

Inoltre, l’ossitocina permette di farci stare bene con gli altri, di cooperare e di sentirsi sicuri di quello che si sta facendo.

Bertocchi, Bernoni e Giglio (2017) sostengono che l’ossitocina influenza molte regioni chiave del cervello come l’amigdala e l’ipotalamo (deputate nella regolazione delle emo- zioni), dove agisce come un neurotrasmettitore.

Gli autori ipotizzano che il rilascio di questo ormone sia collegato ai processi chiave rilevanti negli sport di squadra come empatia, diligenza, altruismo, cooperazione e motivazione.

la resilienza è la creazione di opportunità in un contesto di incertezza.

In conclusione, Fores e Granè (2019) sostengono che la resilienza è la creazione di opportunità in un contesto di incertezza.

Con questa definizione, è possibile comprendere quanto le persone siano chiamate a dover accettare le avversità e a proiettare il proprio pensiero verso il futuro per generare opportunità d’azione.

Un’adeguata mentalità di crescita, il sostegno della rete sociale e la creatività, intesa come la capacità di generare risposte sorprendenti e originali per risolvere le problematiche delle situazioni, sono ingredienti necessari per convertire gli stress in opportunità.

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Bibliografia

Bertocchi, G., Bernoni, A., Giglio, M. (2017). Ossitocina: neurofisiologia e biopsicologia negli sport di squadra. Scienza e Movimento, n. 11.

Fores, A., Granè, J. (2019). Los patitos feos y los cisnes negros: Resiliencia y neurociencia. Barcelona: Plataforma Ediotorial.

Galli, N., Vealey, R.S. (2008). Bounching back from adversity: athletes experiences of resilience. The Sport Psychologist, 22.

Menozzi, A. (2022). Psicologia in campo: allenare le abilità psicologiche nel settore giovanile. Amazon Publishing.

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