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APPROCCIO SISTEMICO

Il processo di preparazione dell’atleta è stato, per anni, basato sull’allenamento separato delle diverse strutture che lo compongono. Quest’ organizzazione dell’allenamento ha portato a separare la teoria dalla pratica, la condizione fisica dalla tecnica e dalla tattica e le abilità psicologiche dal contesto di gioco. Le caratteristiche del gioco sono state, quindi, scomposte in elementi più semplici (aspetti tecnici, tattici, atletici e psicologici) e sono stati insegnati e allenati in forma isolata in funzione dei modelli di riferimento ideali costruiti dagli allenatori.

Ogni situazione di gioco, infatti, comprende una decisione (tattica) che è interpretata attraverso un’azione motrice (tecnica), facilitata dal movimento (atletica) e orientata a livello cognitivo ed emotivo (psicologica). Il paradigma della complessità ha apportato nuovi strumenti per studiare l’adattamento del giocatore alla costante mutevolezza delle situazioni e l’allenamento sistemico è il metodo più adeguato per rispettare la complessità insita nel gioco del calcio: il certo e la casualità, la collettività e l’individualità, l’ordine e il disordine devono comparire in modo sincrono in quanto sono caratteristiche tipiche del gioco in tutti i suoi aspetti.

 

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 L’allenamento sistemico sviluppa nel sistema la capacità di innovarsi ed evolversi, poiché quando ordine e disordine si uniscono in un compito, facilitano l’emergere di nuovi modelli di comportamento che lo rendono più adattivo. La complessità del gioco si costituisce non solo da una grande quantità di componenti, ma soprattutto dalle loro relazioni. Pertanto, l’interazione di tutti questi elementi permettono l’insorgenza di comportamenti emergenti non inerenti o riconducibili a nessuna delle parti che compongono il “tutto”.

Così, l’originalità del gioco non sta negli elementi che lo formano, ma nella complessità della sua organizzazione, è condizionato da un’infinità di componenti che si relazionano tra di essi che rendono difficile incontrare una casualità lineare ai fenomeni che accadono. Lo sport, inoltre, è un gioco cerebrale influenzato dalle emozioni: grazie al cervello il giocatore modula, organizza e interpreta le situazioni in un contesto altamente fluttuante, dinamico, casuale e imprevedibile. L’atleta che interpreta il gioco come una neuro-interazione è facilitato ad accettare i continui cambiamenti, valutando la velocità come una possibilità, la dinamica del gioco come una relazione, i principi come apprendimento e l’azione come frutto del processo sentire-agire.

L’allenamento è un processo metodologico reciproco d’insegnamento-apprendimento, dove è bene considerare il giocatore come soggetto che apprende, in quanto sarà lui a prendere decisioni, a esplorare le soluzioni, a gestire le emozioni, ad adattarsi ai compagni e agli avversari: in una parola a “giocare”. E’ di fondamentale importanza che le condizioni all’interno delle quali mettiamo in pratica il processo di insegnamento-apprendimento si adattino ai giocatori a disposizione e che essi siano elaboratori attivi.

 

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 La teoria dei sistemi dinamici  propone una metodologia di apprendimento autorganizzato, che favorisce le capacità di ricerca delle soluzioni da parte dei giocatori, che li renda capaci di affrontare le scelte e induca in loro una reazione. Il pensiero e la comprensione sono pilastri del processo di apprendimento, grazie ai quali i giocatori impareranno ad identificare gli stimoli rilevanti nello spazio di gioco. E’ l’esperienza, quindi, che renderà l’atleta capace di mettere in pratica il proprio apprendimento in situazioni di pressione temporale, spaziale o ambientale, caratteristiche tipiche della competizione.

Il modello di apprendimento prevede che il giocatore sia capace di captare le informazioni e di risolvere i problemi reali del contesto: affinché l’apprendimento sia significativo, l’insegnamento deve essere contestuale. Lo staff tecnico non determina l’apprendimento, ma crea le migliori condizioni affinché l’apprendimento avvenga: allenare è aiutare ad apprendere.

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La missione degli staff è sviluppare un processo di allenamento che abbia l’obiettivo di ricostruire le situazioni della partita, cercando di conferire ai giocatori una formazione adeguata, e di far sì che le sedute consentano di raggiungere ottimi livelli di prestazione. Per questa ragione, è necessario considerare la psicologia all’interno dei contenuti quotidiani di allenamento: se vogliamo aumentare il grado d’efficacia del giocatore nella competizione, dovremo inserire proposte rivolte a fortificare i meccanismi cognitivi ed emotivi. Il migliore allenamento è quello che riesce a riprodurre fedelmente una situazione nella quale il giocatore riesce a ottimizzare certi meccanismi, da lui accettati e riconosciuti importanti per aiutarlo a risolvere quella situazione proposta.

In conclusione, L’allenamento non è più focalizzato sulla ripetizione come mezzo di apprendimento principale, ma sulla creazione di esercitazioni che permettano al giocatore di interagire con il contesto e vivere il più possibile le esperienze che ritroveranno in competizione. Lo stesso giocatore è interpretato come un sistema dinamico complesso, che vive in un contesto di complessità, dove la cooperazione e l’autorganizzazione sono le chiavi principali dell’apprendimento.

 

Bibliografia

Barrero, A. (2019). El proceso de enseñanza-aprendizaje. Sevilla: Wanceulen Editorial.

Buceta, J. (1998). Psicología del entrenamiento deportivo. Madrid: Dykinson.

Vittori, C. (2014). Nervi e cuore saldi. L’allenamento del velocista nelle sue componenti motivazionali e biologiche. Perugia: Calzetti & Mariucci.

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