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apprendimento

Psicologia dell’apprendimento

apprendimento

Apprendimento significa acquisire nuove abilità, perfezionare quelle esistenti ed eliminare i comportamenti disfunzionali: non vi è apprendimento senza l’utilizzo dei processi cognitivi, e quindi l’allenatore è chiamato ad allenare anche la testa del proprio giocatore, sia dal punto di vista cognitivo che emotivo.

Troppo spesso, nei campi di gioco o negli spogliatoi sentiamo frasi pronunciate dagli allenatori del tipo: “è troppo giovane”, “deve ancora crescere”, “se non si impegna, io non posso farci nulla”, “non lo capisco, in allenamento fa tutto bene ma poi in partita sbaglia”.

abituare l’atleta a pensare

L’allenatore deve abituare l’atleta a pensare, scegliere e “sentire” le soluzioni più idonee in funzione del momento di gioco, riponendo fiducia nei processi di apprendimento e creando le condizioni strutturali ed emotive affinché i giocatori possano esprimersi al meglio.

Infatti i problemi legati all’apprendimento di nuove abilità, al perfezionamento delle caratteristiche esistenti e all’eliminazione dei comportamenti non funzionali al gioco, dipendono in larga misura dalle capacità del giocatore di assimilare il contenuto e/o il cambio che si richiede.

psicologia dell'apprendimento

Figura 1. Apprendimento

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Dott. Andrea Menozzi Psicologo dello Sport

contigo

È possibile ipotizzare la presenza di tre pilastri dell’apprendimento, vale a dire lo scopo, il contesto e le relazioni, elementi che interagiscono costantemente tra loro e che portano l’atleta a risolvere le problematiche tipiche del gioco.

scopo

Jonassen (2000) definisce l’apprendimento come una pratica intenzionale, premeditata, attiva, cosciente, costruttiva che comprende l’attività reciproca di azione e riflessione.

Se può sembrare banale dichiarare che la ragione per cui facciamo le cose è il motore dell’apprendere, è assolutamente indispensabile che il giocatore sappia perché lo fa e ne trovi una intenzionalità.

Lo staff, quindi, deve decidere e spiegare con chiarezza gli obiettivi di prestazione che costituiscono il programma di apprendimento.

Migliorare un’abilità sportiva non deve essere un concetto astratto, ma essere accompagnati da una didattica e da una programmazione specifica. L’allenatore deve saper spiegare ben, a livello operazionale, cosa devono fare gli atleti per sviluppare tali caratteristiche.

Infatti vi sono una serie di obiettivi intermedi da raggiungere, consolidare e perfezionare per ottenere il comportamento richiesto, mentre gli obiettivi di prestazione devono essere immediati, ripetibili, ripresentabili attraverso esercitazioni diverse e motivanti, rendendo l’atleta il primo protagonista dell’apprendimento.

contesto

L’ambiente di apprendimento può essere definito come un ambiente dinamico e aperto che permette ai soggetti di vivere un’esperienza di apprendimento.

Inoltre, l’ambiente di apprendimento dovrebbe essere flessibile in modo da essere adattato alle diverse situazioni reali che possono dipendere, ad esempio, da sistemi personali.

In molte occasioni, il contesto dell’allenamento non fa sì che gli atleti apprendano nuove abilità o nuove soluzioni, ma che ripetano, più e più volte, i comportamenti che già conoscono.

Per trasformare la ripetizione in uno strumento di apprendimento utile, necessario e attraente, l’allenatore è chiamato a utilizzare alcune strategie psicologiche, sia per facilitare l’assimilazione del contenuto che per rendere il momento dell’allenamento altamente stimolante.

L’apprendimento è essenzialmente un fenomeno “neuroplastico”: attraverso un cospicuo numero di tentativi, cioè di prove ed errori. Nel cervello avvengono delle modificazioni funzionali, consistenti in un miglioramento della funzionalità sinaptica (migliore efficienza delle connessioni preesistenti) e strutturali, queste ultime rappresentate da un aumento del numero di dendriti (creazione di nuove connessioni).

È solo tramite l’esperienza, e non attraverso le pur necessarie spiegazioni verbali, che l’atleta può imparare a comprendere le intenzioni dei propri compagni e a riconoscere e ad anticipare quelle degli avversari.

relazioni

Bandura (1997), attraverso la teoria dell’apprendimento sociale mise in luce che l’apprendimento non implica solamente il contatto diretto con gli oggetti, ma che possa avvenire anche attraverso esperienze indirette come l’osservazione.

Il modelling che è un processo di apprendimento che si attiva quando il comportamento dell’osservante si modifica in funzione del comportamento di un altro individuo che ha la funzione di modello.

L’apprendimento vicariante (o tramite osservazione), permette di imparare ed assimilare molte azioni non solo tramite spiegazioni verbali, che spesso non sono soddisfacenti.

Nello sport, questo è uno dei metodi di insegnamento più utilizzati semplicemente facendo osservare come dev’essere svolto un determinato esercizio o schema.

I neurofisiologi dell’Università di Parma Rizzolatti e Sinigaglia (2006), insieme alla loro equipe, notarono che alcuni neuroni si attivavano nell’atto di strappare, tenere o afferrare degli oggetti ma non si attivavano se quel dato movimento non era finalizzato ad un determinato scopo.

La capacità di questi neuroni di attivarsi all’interno del cervello per riflesso anche se l’azione viene svolta da un altro soggetto ne ha comportato il nome con il quale sono stati identificati, ovvero “mirror neurons o neuroni specchio”.

Durante l’osservazione di un’azione, i neuroni specchio inducono l’attivazione del medesimo circuito nervoso addetto all’esecuzione dell’azione, e questa scoperta è stata collegata alla capacità di poter capire le azioni e intenzioni degli altri.

Essi si attivano con l’ascolto di frasi descriventi le azioni e attraverso il contatto tattile visivo/uditivo, oltre ad essere fondamentali nella comprensione delle emozioni degli altri e nell’apprendimento per imitazione.

Figura 2. Pilastri dell’Apprendimento

BIBLIOGRAFIA

Bandura, A. (1997). L’autoefficacia: teorie e applicazioni. Trento: Erikson.

Jonassen D.H. (2000). Theoretical Foundations of Learning Environments. Manwah: Lawrence Erlbaum Associates Inc.

Rizzolatti, G., Sinigaglia, C., (2006). So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Milano: Raffaello Cortina Editore.

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